Le sette città di Cibola, dalla leggenda ai fumetti.

Il mito delle “sette città d’oro” ebbe origine dopo la conquista della città spagnola di Merida agli inizi del’8° secolo ad opera degli Arabi, con 7 vescovi che fuggirono al di là dell’Oceano Atlantico per fondare poi le favolose città, portandosi dietro meravigliosi tesori e raggiungendo un’isola leggendaria chiamata “Antilia”.

La leggenda tornò alla ribalta nel 16° secolo quando il cavaliere spagnolo Antonio de Mendoza (1490/93 – 1552), viceré della Nuova Spagna (un territorio che racchiudeva la zona centro-occidentale degli attuali USA, più tutto il Messico e l’America Centrale), inviò il frate ed esploratore italiano Marco da Nizza (1495 – 1558) a cercare fortune e ricchezze nei territori a sud-ovest degli Stati Uniti. Il frate francescano, in una spedizione tra il 1536 e il 1539, incontrò il popolo Zuni che viveva nell’attuale stato del Nuovo Messico. Si era avventurato in quei territori insieme a Estebanico (1500 – 1539), un esploratore nord-africano schiavo dei portoghesi, poi venduto agli spagnoli, che aveva già visitato quei luoghi come membro di una spedizione precedente del 1527, comandata dal conquistatore spagnolo Pánfilo de Narváez (1470 – 1528), partita per colonizzare la Florida e finita molto male. I soli 4 sopravvissuti, tra cui Estebanico, incontrarono tribù indigene da cui appresero dell’esistenza di queste presunte città dorate. Un altro dei sopravvissuti, il condottiero e scrittore spagnolo Alvar Nuñez Cabeza de Vaca (1490 – 1559)

scrisse il libro “Naufragi”, in cui raccontò le peripezie sue e dei suoi compagni e descrivendo la ricca città, che prese il nome di “Cibola” dal nome con cui gli spagnoli chiamavano il bisonte nord-americano, molto diffuso in quel periodo.

Estebanico fu poi ucciso dagli Zuni durante la spedizione del ’39 e Marcos, dopo essere tornato indietro per timore di fare anche lui una brutta fine, pur affermando di non essere entrato nella città vera e propria, raccontò di averla vista dall’alto di una collina descrivendola come ricoperta d’oro. Pertanto il vicerè diede l’ordine di una nuova spedizione, incaricando dell’impresa il conquistatore spagnolo Francisco Vazquez de Coronado (1499 – 1554), governatore della “Nuova Galizia” (un gruppo di territori della Nuova Spagna).

La nuova spedizione iniziò nel 1540, con l’esploratore spagnolo Hernando de Alarcón (1500 – 1541) a capo della spedizione navale diretta verso il Golfo della California e poi lungo il fiume Colorado; mentre Coronado, accompagnato dai suoi soldati e da frate Marcos, guidava la spedizione via terra.

Ma alla fine della pista Coronando trovò solo poveri indigeni che vivevano nei loro Pueblo e nessun tesoro. Il frate rimediò insulti, minacce e fu spedito indietro con disonore, mentre Coronado proseguì ad esplorare quelle terre sperando di rintracciare almeno una di quelle mitiche città, perdendoci un sacco di uomini e uccidendo molti indigeni, prima di essere richiamato indietro.

Diversi autori del mondo dei fumetti hanno trattato il tema delle città d’oro di Cibola con i loro personaggi, vediamo qualche esempio:

Paperone e il tesoro delle sette città.

Lo scrittore americano Carl Barks realizza la storia: Zio Paperone e le sette città di Cibola (The Seven Cities of Cibola) su “Uncle Scrooge” n° 7 del settembre del 1954, da noi pubblicata per la prima volta su “Albi d’Oro” Mondadori n° 7 del febbraio 1955 con il titolo: Paperino e il tesoro delle Sette Città.

La trama è la seguente: Paperon de Paperoni dovrebbe essere felice visto che guadagna a più non posso da innumerevoli affari e interessi che ha in tutto il mondo, e invece comincia ad annoiarsi desiderando nuove imprese e nuove avventure.

Incontra Paperino e i nipotini, Qui, Quo, Qua, che sono in partenza per il deserto a scovare antiche frecce indiane che un collezionista ha offerto di pagare 50 centesimi cadauna. Zio Paperone accetta di seguirli stimolato da questa nuova e, per lui, inconsueta, forma di guadagno.

Giunti nel deserto, iniziano la ricerca, ma si fanno prendere dall’entusiasmo e vengono sorpresi da una tempesta di sabbia. Vagando alla cieca, beccano fortunatamente un sentiero che li porta verso un’oasi.

Dopo essersi dissetati scovano antiche ceramiche che custodiscono al loro interno preziosi gioielli d’oro. Paperone li fa esaminare da un esperto e questi afferma con certezza che provengono dalle mitiche sette città di Cibola.

Nonostante la diffidenza di Paperino, Paperone non intende farsi sfuggire l’occasione e organizza una spedizione, ma non si accorge che la Banda Bassotti ha origliato la loro conversazione e si appresta a pedinarli di nascosto. Ritrovato il sentiero indiano, Paperone e “nipotame”, sorretti anche dai consigli del Manuale delle Giovani Marmotte, si inoltrano nel deserto, poi superano il fiume Colorado. Una tempesta di sabbia li costringe a rallentare e i Bassotti, che hanno nel frattempo finita la loro scorta d’acqua, rubano quella dei paperi lasciandoli in balia della sete, scegliendo poi di tornare indietro. Per fortuna i nostri eroi trovano il leggendario galeone perduto nel deserto e, oltre a barili d’acqua, dal diario di bordo apprendono la sua storia:

il capitano della nave, lo spagnolo Francisco De Ulloa, era partito nel 1939 dalla bassa California risalendo il Colorado; alla foce fu sorpreso dalla marea che lo trascinò lontano, poi un terremoto deviò il fiume verso oriente e le acque furono assorbite dal terreno lasciando il veliero bloccato nel deserto; dalla prua l’equipaggio vide indiani ricoperti d’oro uscire da un crepaccio. E dalla prua della nave anche i nostri eroi vedono il crepaccio e subito lo raggiungono. Dopo aver attraversato un corridoio, scoprono finalmente le famose città di Cibola, e sono davvero piene di gioielli, oro e tesori.

Nel frattempo i Bassotti, ritemprati, decidono di tornare indietro, mentre i paperi scoprono un grande idolo di smeraldo che però nasconde una trappola, quindi stanno bene attenti a non toccarlo. Poi traducono un’iscrizione su un muro apprendendo che gli abitanti della città sono scomparsi per colpa di un’epidemia portata dagli spagnoli. I Bassotti fanno poi il loro drammatico ingresso vestiti come antichi conquistadores, e rinchiudono Paperone e nipoti in una cella. Però, avidi come sono, nonché maldestri e poco accorti, muovono l’idolo di smeraldo e la trappola scatta: un enorme masso sferico cade, iniziando una carambola che fa crollare le pareti del canyon, seppellendo Cibola per sempre.

Fortunatamente ne escono tutti vivi, ma non incolumi, infatti si trovano tutti un bernoccolo in testa che ha fatto perdere loro la memoria, non ricordano nulla della città o del perché si trovano lì, tranne che per le punte di freccia…

Paperone e il segreto di Antilia.

Un’altra storia con gli stessi protagonisti, che parla del mito delle città d’oro, è quella pubblicata sul “Topolino” n° 1261 del 27 gennaio 1980, scritta da Guido Martina, con i disegni di Giulio Chierchini.

La trama è la seguente: Qui, Quo, Qua hanno completato il modellino di una caravella e raccontano ai loro scettici zii la storia del viaggio di Cristoforo Colombo e dell’isola di Antilia, che gli antichi marinai affermavano di vedere durante i loro viaggi tra l’Europa e il Nuovo Mondo, un’isola con città dai tetti d’oro che emergeva dalle profondità per poi inabissarsi subito dopo.

Nel sentire la parola “oro” Paperone drizza le antenne e organizza la spedizione. Decide di rievocare esattamente il viaggio di Colombo, quindi partono da Palos, in Spagna, a bordo di una caravella che Archimede ha costruito, e vestiti con costumi d’epoca per immedesimarsi pienamente nella parte.

Ma neanche il proverbiale fiuto di Zio Paperone è d’aiuto e la navigazione è travagliata: prima la nebbia, poi un uragano fanno naufragare il gruppo su di un’isola.

Qui incontrano un papero che afferma di essere un membro della spedizione di Colombo; è caduto in acqua 500 anni fa e da allora è rimasto giovane, questo perché quell’isola è la favolosa Antilia e tutto lì va al contrario: la giovinezza non passa ma resta e la morte non arriva. E lo stesso vale per tutto il resto: chi era ricco lì è povero, chi era ozioso lì lavora ecc. ecc.

Paperone ricorda di averlo già visto e infatti è un suo avo, Mc Paper. Gli chiede dove sono le famose 7 città d’oro e Mc Paper dice che l’isola è per ora capovolta e che le città d’oro sono dall’altra parte, l’isola si capovolgerà per un breve attimo per poi sprofondare nuovamente. Zio Paperone e nipoti vorrebbero allora andarsene, ma Mc Paper gli risponde che non può permetterlo altrimenti rivelerebbero il loro segreto e tutti i poveri raggiungerebbero l’isola per diventare ricchi, e non c’è posto per tutti, neanche per loro, quindi si rifugia nel sottosuolo e li lascia in balia delle onde imminenti. Qui, Quo, Qua non si perdono d’animo e riescono a fabbricare una zattera d’emergenza.

Lasciata l’isola, la vedono capovolgersi e vedono per un attimo la città d’oro. Per loro fortuna vengono poi raccolti da una nave di passaggio.

Zagor e le sette città di Cibola.

Anche Zagor, uno degli eroi dei fumetti della Casa editrice Bonelli, in una sua avventura affronta il mito delle sette città. Scritta da Mauro Boselli e con i disegni di Alessandro Chiarolla, la storia inizia sul n° 355 – “Conquistadores!” del febbraio 1995, prosegue sul n° 356 – “Le sette città di Cibola” del mese di marzo, e termina sul n° 357 – “Il segreto degli Anasazi”, di aprile.

Dopo una breve introduzione sulla sfortunata spedizione di Coronado, vediamo Zagor e Cico in uno dei loro innumerevoli viaggi che, sorpresi da una tempesta di sabbia, si perdono nel deserto. Per loro fortuna sono salvati dagli indiani Hopi dello sciamano Masewi, che li porta nel loro Pueblo.

Dopo aver respinto un assalto dei bellicosi Navajos di Nakai, Masewi gli parla di un loro antico eroe, Pahana, che ha insegnato ai loro antenati, gli Anasazi, la via della pace; poi gli racconta dell’arrivo dei Conquistadores in cerca delle Sette città di Cibola. Ma la pace degli Hopi è minacciata da un erede di Coronado, Don Diego; insieme al suo socio don Emiliano Sombra, governatore dell’Arizona, sono alla ricerca delle favolose città dorate.

I due loschi figuri si alleano con Nakai, insieme rapiscono lo sciamano Hopi e anche sua figlia Shumavi, per costringerlo a svelare il segreto. Zagor, Cico e altri volontari Hopi organizzano l’inseguimento. Nel frattempo Masewi è costretto a cedere per proteggere la figlia, ma avverte i predoni che la conquista delle città causerà la loro morte. La spedizione incontra diverse difficoltà a causa dei trabocchetti e delle tante trappole disseminate tra le antiche rovine; Nakai inizia a provare attrazione nei confronti di Sumawi e, a modo suo, la protegge dagli sgherri di Don Emiliano, i quali si accorgono dell’arrivo della truppa guidata da Zagor.

Nakai prova a fermarli ma fallisce nel tentativo e viene catturato. Si offre però di collaborare indicando loro come raggiungere la spedizione, Zagor è costretto a fidarsi. Nel frattempo i furfanti, dopo aver lasciato la Città del Cielo, hanno raggiunto quella del Sole.

La raggiungono anche Zagor e compagni e inizia un nuovo scontro, complicato dalle terribili trappole in cui incappano.

Il viaggio prosegue, tocca alla terza citta, la Città che Trema, e poi alla quarta, la Città Nera.

Anche Zagor vi arriva, giusto in tempo per vedere la colossale statua del “Guardiano” che si anima attaccando tutti. Nakai si allea momentaneamente con Zagor, per amore di Shumavi, e riescono ad abbattere il Guardiano. Ma Sombra ne approfitta per prendere il comando e Nakai rompe la tregua. Arrivano alla quinta città, quella d’Acqua e la superano grazie al sacrificio di Zagor, che ora tutti credono morto.

E invece arriva provvidenzialmente a salvare i compagni quando affrontano la penultima città, quella del Vento.

Coronado, Sombra e Nakai corrono avanti e sono i primi a contemplare la settima città, la più ambita, la grande Città Rossa del Sud, quella dai tetti d’oro.

Ma più che oro trovano macchinari fantascientifici che mostrano la biblioteca degli Anasazi, con tutta la loro incredibile conoscenza. Sombra non la prende per niente bene e inizia a sparare provocando dei danni ai macchinari, poi ci si mette anche Coronado a provare a controllare i marchingegni, ma non riesce ad impedire né la sua morte né la distruzione di tutto. I “cattivi” sono tutti morti, mentre i “buoni”, fortunatamente illesi, si ritrovano infine al Pueblo, dove Nakai viene perdonato per i suoi peccati grazie al suo ravvedimento finale.

Tex e la città d’oro.

Anche Tex Willer ha avuto una storia che evoca il mito della città d’oro: Tex gigante n° 43 – “Lotta per la vita”, del mese di maggio del 1964, e successivo n° 44 di giugno, soggetto e sceneggiatura di Gianluigi Bonelli, disegni di Aurelio Galleppini e Francesco Gamba.

Tex e Tiger Jack, dopo aver risolto il problema rappresentato da una feroce tribù indiana, vengono a conoscenza di una strana profezia di quelle terre, in cui si predice che un guerriero bianco farà cadere la sua ira sulla Città d’Oro.

Tex vuole vederci chiaro nonostante il timore di Tiger Jack e, inoltrandosi nel deserto, dapprima vedono solo un miraggio, ma poi scoprono che la città esiste davvero ed è abitata dagli eredi degli antichi Conquistadores, sottoposti alla tirannia del Principe Nero che ha preso il posto del legittimo sovrano, il duca di Medina.

Dopo un burrascoso ingresso e il tradimento di un prigioniero da loro liberato che li ripaga vendendoli alle guardie del Principe, Tex e Tiger incontrano il duca di Medina e stringono alleanza per ristabilire la giustizia.

A proposito della nave perduta nel deserto che Paperone e nipoti trovano nel racconto di Barks su Cibola, anche Tex ci ha avuto a che fare, in un’avventura che inizia sul Tex gigante n° 328 del mese di febbraio del 1988: “La nave perduta”, e successivo n° 329 di marzo: “Gli spiriti del deserto”, per poi conludersi sul n° 330 di aprile: “Il fiume sotterraneo”, soggetto e sceneggiatura di Claudio Nizzi, disegni di Claudio Villa.

A chiamare Tex e Carson è il loro amico El Morisco, preoccupato per le sorti del professor Doberado, un archeologo impegnato nelle ricerca della leggendaria nave perduta nel deserto…

Martin Mystere e il tesoro delle sette città.

E sull’argomento non poteva mancare un altro eroe bonelliano, Martin Mystere, chi meglio del detective dell’impossibile poteva affrontare la leggenda di Cibola. Il tutto inizia sul n° 55 – “Il tesoro delle sette città”, ottobre 1986, e si conclude sul numero successivo, testi di Alfredo Castelli, disegni di Gaspare e Gaetano Cassaro. La storia inizia con una sfilata del “Columbus Day” a New York in cui lo studioso Frank Crivelli viene ucciso, apparentemente senza un motivo valido.

Dopo aver incontrato la figlia del professore, Martin apprende che Crivelli sosteneva che Colombo, quando era partito, sapeva bene la direzione da seguire. Leggendo poi un antico manoscritto arabo, Martin scopre che la città d’oro potrebbe essere l’attuale l’isola di Manhattan…

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